Dal sommelier, Magazine

Piede franco o piede americano. Parliamone!

Spesso nella descrizione di un vitigno e delle sue caratteristiche si sente parlare di piede franco identificando con questa dicitura una particolarità di quelle uve e della storia del vigneto.

Facciamo un passo indietro arrivando a metà ‘800 quando in Europa, per contrastare una tenace infezione di oidio, si importano barbatelle di viti americane che sembravano resistere efficacemente a questa malattia – detta anche “mal bianco”. Con l’arrivo di uve americane nel vecchio continente si introdusse però anche la fillossera, uno dei parassiti più pericolosi per le viti, e che partendo dalla Francia si diffuse poi in tutta Europa distruggendo ettari di vigneti che non sarebbero mai più tornati agli splendori del passato. 

La fillossera attacca sia l’apparato radicale che quello fogliare ed ha portato alla perdita di molti vitigni autoctoni europei fino al momento in cui si capì, dopo molti tentativi – curioso fu addirittura l’esperimento di insabbiare i vigneti perchè sembrava che la fillossera attaccasse meno violentemente le radici su terreni marini – che le uve di origine americana sopportavano bene l’attacco alle radici perchè molto resistenti in confronto a quelle europee. 

Da qui l’intuizione, avvenuta però anni dopo, di innestare su piede americano un apparato vegetativo europeo.

La maggior parte dei vigneti moderni sono frutto di quell’innesto che ha permesso di ricostruire la viticoltura iniziando a parlare di un periodo pre-fillossera ed un post-fillossera.

Fortunatamente alcuni vitigni, più resistenti di altri o posizionati in alta quota dove la fillossera difficilmente trovava le condizioni per riprodursi, sono tutt’oggi presenti nella scena enologica internazionale come ad esempio i vini valdostani o etnei.

Un esempio è il Blanc de Morgex della cantina Vevey, realizzato con uve Prie Blanc, un vero vino di montagna che regala un bouquet olfattivo di fiori bianchi e note di erbe alpine bilanciato da una viva freschezza e buona persistenza.

Tra i vitigni etnei sicuramente il Nerello Mascalese coltivato in alta quota non ha subito gravi danni dall’invasione della fillossera e rimane uno dei più interessanti del panorama non solo italiano ma internazionale.

Planeta è una delle cantine più celebri legate al territorio siciliano, il suo Eruzione 1614 prodotto con uve Nerello Mascalese, ci ricorda quanto la tradizione possa essere una guida per continuare a realizzare vini con eleganza senza dimenticare il legame con la terra di origine. Nel calice troviamo un vivo rosso rubino, all’olfatto spiccano decise note balsamiche e di erbe medicinali con un finale più dolce di piccoli frutti rossi. A livello gustativo si ricorda per un finale lievemente sapido, legame indissolubile con il terreno dove cresce giorno dopo giorno.

La Sardegna merita un paragrafo a parte perchè in questa zona la fillossera attaccò meno rispetto ad altri territori soprattutto nelle aree limitrofe al mare probabilmente per la composizione dei terreni. 

E’ il caso del Carignano del Sulcis, vitigno autoctono sardo, caratterizzato da una robusta struttura che necessita di un invecchiamento non troppo lungo per riuscire ad armonizzare i tannini che risultano troppo acerbi in gioventù.

“Buio” è un interessante Carignano prodotto dalla storica cantina Mesa, dove la componente tannica è ben bilanciata dalle morbidezze del vino come l’alcolicità. Una nota sapida celebra il forte legame con il territorio ed un bouquet di erbe mediterranee lo rende perfetto su piatti tipici della tradizione.

Un’altra zona che ha resistito alla fillossera grazie alla composizione sabbiosa del terreno è il delta del Po, i vigneti in quest’area sono stati meno colpiti e se è vero che non sia il miglior terreno per la coltivazione della vita è altrettanto vero che è stato proprio grazie a tale composizione se i vigneti si sono salvati.

Sarebbe interessante capire se sia possibile ipotizzare uno scenario futuro in cui si possa lentamente tornare alla coltivazione di vitigni su piede franco che regalano vini decisamente più eleganti e raffinati potendo contare sulla longevità delle viti e su legni di grande carattere.

Non mi resta che augurarvi buona stappata…e al prossimo articolo!

Back to list

Related Posts

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *